Il panorama dell’offerta di servizi di comunicazione attraversa una fase di profonda evoluzione. I network internazionali si stanno rimodellando sulla base delle mutate esigenze dei clienti e dei consumatori. Allo stesso tempo, i gruppi indipendenti trovano un terreno fertile per proporsi con nuove tipologie di rapporto con i clienti.
Se ne è parlato all’NC Awards Festival in un talk dal titolo ‘Un nuovo business model per lasciare il segno’ che ha visto protagonisti, moderati da Salvatore Sagone, presidente ADC Group, Alberto De Martini, Ceo Conic, Giorgio Brenna, Ceo FCB Partners e Mauro Miglioranzi ceo, Coo’ee.
“Vorrei partire da un presupposto: la crisi del modello 360°, ovvero il modello di business che crea un unico mondo di offerta per i clienti tra analogico e digitale ma che oggi che si scontra con la velocità con cui evolve il mondo”, spiega De Martini (Conic) tra i protagonisti sul podio degli NC Awards. I clienti chiedono spesso un unico interlocutore che li guidi e li segua e, dall’altra parte, hanno bisogno di eccellenza nell’execution. “Però i tempi cambiano talmente in fretta che le competenze diventano obsolete nel breve termine. Per tale motivo, siamo partiti da un’altra idea: rispettiamo la richiesta di interfacciarsi con un unico interlocutore fornendo un’approfondita analisi dei dati, narrazione del brand e connection plan e poi ci prendiamo una pausa per strutturare l’execution, componendo, a seconda delle competenze, team d’eccellenza su misura per ogni progetto. Ovviamente, in questo tipo di approccio, le figure chiave sono quelle degli strategic planner, perché diventiamo, prima di tutto, consulenti di tipo strategico”.
Brenna (FCB Partner) alla cerimonia degli NC Awards ha ritirato il premio dell’Editore per la sfida vinta dopo aver avviato una nuova sfida imprenditoriale. Cosa ha reso vincente la sua proposta? Dove il modello di business è innovativo? “In Italia, tale modello è innovativo perché coniuga tutto il bello dell’imprenditoria con tutti i vantaggi dell’essere
internazionale. Siamo imprenditori al 100%, siamo veloci, flessibili e vicini ai clienti ma, nello stesso tempo, ci fregiamo del marchio FCB che possiamo utilizzare, abbiamo i tool creativi e strategici e siamo il punto di riferimento dei clienti che arrivano in Italia. La decisione di creare questo format arriva da un’analisi di mercato. È già qualche anno che i gruppi cercano di reinventarsi, ma aumenta la distanza tra l’offerta dei gruppi grossi e i bisogni dei clienti. Si è aperto un gap sulle esigenze dei clienti e ciò che i gruppi vanno a offrire. Abbiamo studiato un’offerta alternativa che coniugasse un forte gruppo interno – siamo più che raddoppiati in due anni – e il lavoro di fidati partner esterni, anche perché la dieta mediatica è completamente cambiata ed è difficile trattare tutte le discipline, serve il contributo di esperti verticali di settore”. (Guarda su ADVexpressTV la video intervista a Giorgio Brenna e Fabio Bianchi di FCB Partners).
Miglioranzi (Coo’ee) che invece ha ricevuto il premio come miglior agenzia indipendente dell’anno, da 30 anni guida Coo’ee. “Da qualche anno abbiamo lanciato un mantra che è ‘togliere, togliere, togliere’: non è solo un claim, ma è un modo di relazionarsi sia all’interno che all’esterno, semplificando i passaggi e creando un modello organizzativo a matrice orizzontale. Abbiamo in team una ventina di ragazzi giovani di cui 11 creativi e da molto tempo abbiamo tolto la figura dell’account. Abbiamo formato i creativi per essere anche pm nel rapporto con il cliente e la cosa sta funzionando bene, perché i ragazzi acquisiscono maggior responsabilità e autonomia. Un altro elemento e tema sviluppato è il modello PIU – professionale, imprenditoriale e umano – ovvero i tre valori che mettiamo in campo. Cerchiamo di metterci in difficoltà per produrre qualcosa di veramente eccellente, ci misuriamo in un rapporto di partnership con il cliente, da impresa a impresa. E l’ultimo, il valore umano, vuole creare benessere generale nell’ambiente sia con il tema che con i clienti”.
Il 360°, quindi, esiste ancora? “La pandemia ha chiuso i confini, la guerra idem, lo sviluppo tecnologico, portando a conoscere ogni singolo consumatore, esclude campagne ecumeniche e globali a favore di quelle sempre più mirate e mette in risalto le differenze culturali – anche le più piccole – da valorizzare. Questo senza nulla togliere al ruolo delle grandi holding della comunicazione, ma le carte si stanno distribuendo in maniera un po’ diversa rispetto al passato”, spiega Sagone.
L’audience non è più una massa, ora l’attenzione si sposta sul singolo consumatore, sull’individuo con i suoi bisogni ed esigenze. Che il detto ‘one fits all’, forse non funzioni più?
Serena Roberti